archetipi negli esseri umani

Le tante facce degli archetipi, compreso il branding

Nel vedere gli spot pubblicitari, qualcuno potrebbe pensare che il mondo del marketing sia arido, orientato solo al denaro e avvezzo a guardare ai potenziali acquirenti e consumatori come dei robot, congelati nell’atto di comprare. In realtà, non è proprio così.

Lo spiega bene Riccardo Donato, brand strategist, managing director e direttore di Confestetica, nel suo libro sul marketing “L’uomo non osi separare ciò che l’archetypal branding unisce”.

Lo fa, come il titolo suggerisce, ricorrendo agli antichi quanto il mondo ma sempre attuali e validi archetipi, come fa Christopher Vogler nel suo “Il viaggio dell’eroe – La struttura del mito ad uso di scrittori di narrativa e di cinema”, manuale imprescindibile per tutti coloro che si occupano a vari livelli di scrittura e storytelling, ma non solo. Il viaggio dell’eroe di Vogler non interessa solo personaggi di fiction, romanzi, film, serie tv, ma ognuno di noi può trovare qualche assonanza con qualche archetipo o tappa del viaggio individuati dall’autore. E’ un viaggio umano nell’umano, attraverso cui si raggiunge via via maggiore consapevolezza e si passa ad un nuovo stadio di comprensione.

E’ umano, molto umano anche il branding come delineato da Riccardo Donato. “L’uomo non osi separare ciò che l’archetypal branding unisce”. Ma cosa unisce l’archetypal branding, il branding fatto di archetipi? Unisce personalità e persone a prodotti, unisce acquirenti/clienti ad un brand, facendoli sentire parte di qualcosa, di un gruppo.

Il potere del branding

Secondo Donato, il crollo delle grandi ideologie, la morte dei grandi ideali, ha lasciato le persone senza punti saldi di riferimento, senza un vero collante che rendesse possibile una qualche forma di aggregazione. Aggregazione che oggi appare assai difficile e in cui spesso forme di violenza sono dietro l’angolo.

Il mondo di oggi, inoltre, tra incertezze, terrorismi, debolezza della politica, contribuisce a farci sentire tutti più ansiosi, insicuri, timorosi, se non addirittura angosciati, senza un ambiente in cui esprimere e far crescere la propria identità. In questo contesto, i brand finiscono per proporsi e per essere unici poli che danno sicurezza, un punto saldo in cui identificarsi e che permettono di sentirsi parte di un gruppo. Ogni brand, infatti, deve essere costruito attorno a dei valori, veicolarli, farsene portavoce. Perché possa funzionare, la sua missione deve essere quella di portare valore e benessere all’interno della società e della comunità.

Siamo, insomma, ben lontani da quei sedicenti imprenditori che puntano al mero guadagno senza voler creare valore, differenza che l’autore sottolinea più volte. L’assunto è che alla base dei nostri comportamenti e del nostro modo di essere, ci sono le nostre emozioni e i nostri bisogni. Le emozioni primarie sono felicità, rabbia, paura, tristezza, sorpresa e disgusto. I bisogni si suddividono in bisogni fisiologici, di salvezza, sicurezza e protezione, di appartenenza, di stima, prestigio e successo, bisogni di realizzazione di sé.

Come scrive Donato, “riuscire a collegare un brand a un archetipo rende più diretta l’identificazione della marca con parti profonde dello spirito delle persone che a loro volta, dalla relazione con il brand, danno un nuovo senso alla propria esistenza e una diversa interpretazione della realtà.

Riuscire a collegare un brand al giusto archetipo, alle sue emozioni e al suo mito, lega i bisogni, le motivazioni e le emozioni più profonde dell’essere umano al significato del prodotto o servizio creando la connessione fra motivazione del consumatore da un lato e caratteristiche, benefici e vantaggi del prodotto o servizio dall’altro. Dalla connessione nasce lo scambio di valore e quindi la relazione di fedeltà fra azienda e cliente”.

Ognuno di noi sceglie un prodotto o un altro tenendo conto di vari fattori, tra cui spiccano motivazioni spesso inconsce: scegliamo quello piuttosto che l’altro perché vi rivediamo le nostre proiezioni, la rappresentazione di come ci vediamo e come vogliamo che il mondo ci veda.

Perché ricorrere agli archetipi?

Fermiamoci un attimo ad approfondire il concetto di archetipo. Archetipo deriva dal greco archè (origine, principio) epos (modello, marchio, esemplare). Il concetto è stato ampiamente utilizzato dallo psicoanalista Jung, secondo cui gli archetipi sono delle impostazioni psichiche innate, delle immagini mentali , schemi di base universali, impersonali, innati, ereditari, appartenenti a tutti e che vanno a formare l’inconscio collettivo.

Ognuno di noi può ritrovare in sé più archetipi, anche a seconda del momento della vita in cui si trova, così come i brand possono essere l’intreccio di più archetipi, non la rappresentazione di uno soltanto. I miti e le fiabe fanno largo uso di questi archetipi, come mette in luce Vogler nel suo viaggio dell’eroe, sotto forma di personaggi e di relazioni che ricorrono.

Così universali, sono indispensabili in ogni forma di narrativa. Come tra gli esseri umani, anche nelle storie, più che ruoli stabili, sono da considerarsi funzioni svolte temporaneamente dai personaggi per ottenere determinati effetti. Vogler, riprendendo Joseph Campbell, individua sette archetipi: l’eroe, il mentore, il guardiano della soglia, il messaggero, lo shapeshifter, l’ombra e il trickster.

Per Riccardo Donato, l’archetipo, inglobando significato e valori del brand, caratteristiche universali dell’essere umano, bisogni, desideri ed emozioni del cliente, rappresenta un connettore tra brand e cliente. Donato individua sedici archetipi e li divide in quattro gruppi. Del gruppo del cambiamento e della possibilità fanno parte l’eroe, il ribelle, il mago e l’esploratore, accomunati dal desiderio di andare oltre i limiti e gettare il cuore oltre l’ostacolo; nel gruppo dell’appartenenza, dell’abbondanza e della condivisione troviamo l’amante, il burlone, l’uomo comune e l’incantatore, tutti consapevoli dell’importanza della condivisione; il gruppo della stabilità, del controllo e del comando si basa sulla convinzione che siamo creatori del nostro mondo e possiamo esercitare il nostro potere per migliorare il presente, e annovera il creatore, l’angelo custode, il sovrano e l’esperto; dell’ultimo gruppo, quello dell’indipendenza, dell’impegno e della responsabilità, fanno parte le figure archetipiche dell’innocente, del saggio, dell’ancora, e del mentore, consci della loro indipendenza e dell’importanza di mettersi al servizio della propria comunità. Per ogni archetipo, l’autore indica anche degli individui-tipo.

E’ possibile leggere in chiave archetipica anche le diverse generazioni, Baby Boomers, Generation X, Millenials e Generation Z.

Il marketing e gli archetipi

Tornando ai brand, prendiamone uno come esempio: scegliamo la Apple, un esempio straordinario perfettamente riconoscibile tra mille, che ha rivoluzionato il mondo e che ha creato una vera e propria community attorno a sé, un insieme di milioni di persone in tutto il mondo per cui Apple non è solo una linea di prodotti, ma un vero e proprio stile di vita. L’autore del libro su marketing e branding lo colloca nell’archetipo del Mago. Si tratta infatti di un brand degno rappresentante dei marchi che Donato descrive come “dell’intelligenza, della sagacia e della creatività al potere. Inseguono l’innovazione di valore che stupisce e sono paladini di una way of life basata sulla ricerca di un nuovo senso funzionale nelle cose e nei servizi.”

Dal canto loro, i clienti mago non vedono l’ora di scoprire nuove funzionalità nei prodotti, si entusiasmano di fronte al cambiamento e al nuovo. Hanno un po’ dell’archetipo dell’esperto e sono difficili da conquistare, ma, una volta che si fa centro, saranno clienti tra i più fedeli.

L’aspirazione del marchio mago è quella di risolvere problemi attraverso l’inaspettato e lo sconosciuto, con il desiderio di trasformare le cose in momenti ed esperienze speciali, e l’obiettivo di facilitare la vita con un tocco di magia, l’insight quello di deliziare il mondo stupendolo con effetti speciali e rivoluzionari, creando cose utili e fantastiche mai realizzate prima. L’incubo di questa categoria è di generare conseguenze negative impreviste, e il suo lato oscuro (tutti ne hanno uno!) è di non accettare la realtà o manipolare. Tra le parole chiave più importanti troviamo stupore, esperienza, sistema, avanguardia, cultura, proteggere, speciale, unico, maestro, educare, osservare, immaginazione, intuizione, ispirazione, cambiamenti, innovazione, creatività, idea. Si può vedere che tutte queste caratteristiche descrivono bene un marchio come quello della mela morsicata.

Come il viaggio dell’eroe di Vogler non riguarda solo personaggi di finzione, ma possiamo calare i suoi archetipi anche nella nostra realtà di ogni giorno, così Donato indica per ogni archetipo degli individui-tipo. Nell’archetipo del mago, a esempio, colloca i manager che mettono in primo piano gli interessi dell’azienda per cui lavorano, i poeti con le loro magie fatte di parole, i nonni che si fanno in quattro e in famiglia trovano la soluzione a tutto.

E’ importante chiarire che non c’è alcuna rigidità nella divisione tra le tipologie di brand e nell’accoppiata brand- cliente. Un cliente della tipologia innocente, ad esempio, può essere attirato da un marchio ribelle. L’archetipo è, come abbiamo visto prima, una sorta di connettore, un ponte. L’aspirazione del marchio ribelle può essere quella di cambiare il mondo in meglio anche sovvertendo le regole, quella del cliente innocente un mondo perfetto dove regnano libertà e felicità. Ecco che le loro aspirazioni non sono in antitesi.

Il libro di Riccardo Donato è un’ottima introduzione all’archetypal branding, ma è anche uno strumento prezioso per quanti stanno già facendo marketing e hanno bisogno di un aiuto in più per orientarsi, per definire al meglio il proprio target e scoprire i segreti di un marchio che funziona, che sa fare breccia nel cuore dei consumatori e sa come fidelizzarli nel tempo.


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